Per me fotografare è raccontare, e raccontare qualcosa d’interessante non è sempre facile. La fotografia è il linguaggio più simile alla scrittura e così come con la scrittura con la fotografia si può raccontare il mondo o se si vuole la realtà. Allora la principale domanda è: esiste una realtà che dispone di un maggiore privilegio? Sono abbastanza sicuro che la risposta giusta è no. Non esiste una realtà che prevale su altre, anzi non ne esistono di diverse e semmai si può parlare di gradi differenti che possono essere o non essere percepiti a seconda di chi guarda. Certo, esistono invece, diversi modi di raccontare la realtà. In fotografia per decenni ha dominato “l’attimo bressoniano”, il senso condensato in un istante unico e irripetibile, a tale filosofia si è contrapposta l’idea di una realtà continua e di indistinto valore in cui il cosiddetto “banale” acquista importanza e dignità attraverso l’efficacia dell’azione interpretativa. Le serie fotografiche contenute in questa sezione si caratterizzano proprio per l’apparente “leggerezza” del racconto. Protagonista dominante è l’ordinarietà apparente dell’usuale visivo che ogni giorno introiettiamo passivamente e che è costituita da un flusso ininterrotto di “attimi” trasformati dall’inquadratura fotografica in unità sintattiche minime che accostate danno vita a molteplici narrazioni diversificate dagli strumenti letterari che ne caratterizzano il genere, ora ironico, ora documentario e in alcuni casi anche poetico.